Scoperta del grimpeur: Chi è il ciclista re delle salite

Scoperta del grimpeur: Chi è il ciclista re delle salite

Immagina una strada piena di tornanti, che si arrampica su per la montagna infilandosi tra i pini. Davanti a te, il gruppo si allunga, qualcuno cede, ma uno sembra quasi danzare sui pedali invece di lottare contro la gravità. Lui si stacca dal gruppo, affronta le pendenze impossibili, ridefinendo ogni concetto di fatica. Quello è il cyclista che tutti temono quando comincia la salita. E sì, c’è un nome: si chiama grimpeur. Ma non è solo una parola francese buttata lì per sembrare raffinati. È una categoria, un'identità, quasi uno stile di vita per chi sfreccia su per i colli d’Europa come se le salite gli facessero meno paura degli altri. Lì i giochi cambiano, i gregari si fermano e inizia la battaglia dei più leggeri, di quelli che sulla salita costruiscono una carriera. Ed è impossibile non farsi prendere dal fascino di questi scalatori che sembrano sfidare la fisica più di tutti.

Chi è davvero il grimpeur? Identikit dello scalatore moderno

Il termine "grimpeur" viene dal francese e in gergo viene tradotto semplicemente come "scalatore". Ma un grimpeur non è solo chi regge meglio la salita: è chi riesce a emergere quando la strada si impenna davvero, di solito sopra al 6-7% di pendenza. La maggioranza dei ciclisti professionisti odia questi momenti, perché qui il fisico viene messo veramente alla prova. I grimpeur invece sembrano nati per soffrire in montagna, dotati di un mix letale: peso piuma (nella media, tra i 56 e i 63 kg per un’altezza tra 1,65 e 1,75 metri), resistenza a livelli assurdi, potenza peso impressionante (lo chiamano W/kg, watt per chilo, e non è raro vedere i top superare i 6,2-6,5 W/kg sulle rampe più terribili).

Non tutti possono diventarlo: la genetica aiuta eccome. Qualche studio pubblicato su riviste come Sports Medicine ha dimostrato che la distribuzione delle fibre muscolari di tipo I, quelle più resistenti alla fatica, dei grimpeur è superiore del 15-20% rispetto alla media dei pro. Ma serve moltissimo allenamento specifico: ripetute lunghe in salita, lavori di soglia e - soprattutto - allenamenti mentali. Sì, perché il grimpeur deve essere anche un po’ filosofo e un po’ testardo: sa che ogni pedalata può essere quella decisiva tra gloria e crisi totale.

A livello tecnico, i grimpeur gestiscono il cambio con una precisione da orologiaio, dosano le energie centellinando ogni pedalata e spesso scelgono biciclette ultraleggere (c’è una vera mania del grammo nei team World Tour). Anche la posizione in sella viene studiata nei minimi dettagli: di solito bacino alto e schiena dritta, senza troppi movimenti inutili. Guardate gli stili di scalatori storici come Marco Pantani (in piedi e scatti secchi), Alberto Contador (danza sui pedali), o Egan Bernal (regolare, quasi scolastico). Ognuno trova la sua chiave per domare la salita, ma la sostanza non cambia: qui si fa selezione naturale.

Nel ciclismo moderno c’è una tabella interessante che gira spesso tra gli addetti ai lavori, confrontando la potenza espressa dai top scalatori sulle salite iconiche:

CiclistaSalitaPendenza mediaW/kg medi
Tadej PogacarCol du Tourmalet7,3%6,7
Jonas VingegaardCol de la Loze7,5%6,6
Chris FroomeMont Ventoux7,8%6,4
Marco PantaniAlpe d’Huez8,1%6,5 (stimato)

E queste sono solo alcune delle “imprese” più note.

Leggende delle salite: storie di grimpeur che hanno cambiato il ciclismo

Leggende delle salite: storie di grimpeur che hanno cambiato il ciclismo

Quando si parla di grandi scalatori, le storie si rincorrono come i tornanti dello Stelvio. Uno dei miei primi ricordi da ragazzo è vedere Pantani staccare tutti sull’Alpe d’Huez nel Tour 1997. Lì ho capito che nelle tappe di montagna succede qualcosa di diverso: qui si scrivono leggende, si costruisce una mitologia fatta di uomini magri, facce sofferenti, sguardi svuotati dalla fatica, eppure determinatissimi.

I grimpeur di razza hanno spesso caratteristiche che li rendono “singolari”: magrezza estrema (Pantani sembrava tutto ossa), pedalata leggera e spesso improvvisi strappi che rovesciano la corsa in una manciata di minuti. Se pensi che sia sempre facile, dovresti vedere le salite bestiali che affrontano: il Mortirolo, il Giau, il Tourmalet, la Marmolada. Salite da almeno mezz’ora a pendenze medie sopra l’8%. In queste situazioni solo i veri grimpeur riescono a restare davanti.

Qualche nome è d’obbligo. Lucien Van Impe, scalatore belga anni Settanta, vincitore di un Tour, che ancora oggi viene ricordato per l’incredibile agilità sulle Alpi. Federico Bahamontes il “falco di Toledo”, capace di vincere ben 7 GPM al Tour. Poi Lucho Herrera dalla Colombia, inventore delle fughe impossibili e della scalata in VAM (velocità di ascesa media). Fino ai giorni nostri con Pogacar e Vingegaard, che hanno riscritto le leggi della resistenza e del recupero fra tappe durissime. Ti ricordi la tappa del Tour 2023 al Col de la Loze? Vingegaard fece segnare quasi 6,6 W/kg per oltre 40 minuti: roba mai vista nel ciclismo moderno.

Ma non è solo questione di numeri. I migliori grimpeur hanno “nervi d’acciaio” e capacità di leggere la corsa con lucidità anche quando il cuore gira a 180 battiti. Riescono ad accelerare nel momento giusto, a staccare lo sguardo dal ciclocomputer e capire la situazione meglio degli altri. E spesso hanno storie personali pazzesche: molti vengono da paesi di montagna, cresciuti a fare salite ogni giorno per andare a scuola. Gli scalatori sudamericani come Nairo Quintana hanno imparato a soffrire in altura, abituati a respirare aria rarefatta fin da ragazzini.

Un fatto curioso: tra il 1960 e il 2023, quasi il 60% delle maglie a pois (cima dei GPM al Tour de France) sono state vinte da ciclisti provenienti da paesi con rilevanti catene montuose. Nella storia del Giro d’Italia, invece, i vincitori delle tappe “regine” di montagna sono quasi sempre specialisti puri della salita, con una sola eccezione nei primi quarant’anni. E il fascino di queste tappe è immutabile: basta vedere i milioni di spettatori che ogni anno si arrampicano anch’essi, solo per vedere passare i loro beniamini in cima ai passi leggendari.

Vuoi diventare grimpeur? Consigli pratici e piccoli segreti per amare la salita

Vuoi diventare grimpeur? Consigli pratici e piccoli segreti per amare la salita

Non serve inseguire subito il mito delle grandi montagne. Ogni ciclista può allenare alcune qualità tipiche dei grimpeur, anche senza ambire al Tour. Io stesso, insieme a Valentina, ci siamo messi alla prova su colli locali; ti assicuro che anche una breve salita può diventare una piccola impresa personale.

  • Conta il peso… ma non solo: Dimagrire aiuta, ma attenzione: perdere troppa massa può ridurre la forza assoluta. Il rapporto ideale è combinare alimentazione equilibrata e lavoro di forza, magari con esercizi mirati per la parte bassa del corpo. La regola d’oro? Puntare a perdere grasso mantenendo (o aumentando) la potenza.
  • Lavoro specifico in salita: Prediligi allenamenti a intensità di soglia o leggermente sopra (il famoso “interval training”). Scegli salite diverse, a volte lunghe e costanti, altre più corte ma ripide. In questo modo alleni sia la resistenza sia la capacità di cambio ritmo improvviso.
  • Gestione mentale dello sforzo: Qui si vincono (o si perdono) molte sfide. Abituati a “spezzare” la salita in tratti, ponendoti mini-obiettivi (ad es., “arrivo fino a quel tornante, poi penso al prossimo”). Funziona davvero e aiuta a gestire la fatica psicologica.
  • Bici ad hoc: Se puoi, scegli una bici leggera, con rapporti adeguati. Sì, costano, ma una corona da 34 e un pacco pignoni 11-34 ti aiutano a pedalare agile anche sulle pendenze temibili. Più la cadenza resta alta, meno ti "acidi" le gambe.
  • Imparare la posizione: Ognuno trova la propria, ma in generale evita troppi movimenti con la parte superiore del corpo e cerca di restare rilassato in sella. Il segreto? Prova, filma, riguardati e correggi i dettagli.
  • Salita con il gruppo: Allenati anche a reggere il ritmo di altri, perché in corsa difficilmente sarai da solo. Avere un compagno che tira il gruppo, specie nei tratti duri, aiuta tantissimo nel gestire lo sforzo e il morale.

Un altro trucco dei grimpeur veri? Studiano sempre la salita prima della gara. Usano app come Strava oppure i “segmenti” di Komoot per capire dove cambiare ritmo o dove risparmiare le energie. Chiaro: non basta la tecnologia, ma fa la differenza conoscere la planimetria a memoria.

Un dato simpatica: chi inizia ad allenarsi in salita aumenta mediamente la sua VAM (velocità di ascesa media) del 9% nei primi tre mesi secondo una ricerca pubblicata su European Journal of Sport Science. Non è poco, specie se parti da zero.

Certo, mica tutti possono diventare Pantani o Pogacar, ma neanche serve. Quello che conta è il gusto della sfida personale e, perché no, provare ogni tanto l’ebbrezza di sentirsi, anche solo per un minuto, il re della montagna. Quando superi quel punto che sembra non finire mai e arrivi in cima che hai le gambe in fiamme e il respiro corto, il mondo ti sorride. E fidati, non c’è soddisfazione migliore, almeno secondo me. La salita, per chi la impara ad amare, non è solo sofferenza: è un rito, una specie di meditazione su due ruote.